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      Soffriamo tutto anzichè dar il più leggero contento agli abborriti nemici: sforziamo il governo a progredire, come egli deve; ma no 'l rovesciamo: aspettiamo che egli sia totalmente assorbito dal governo piemontese.» Popolo e ceto medio a sole dimostrazioni si limitavano, e a queste con delle promesse il governo provvisorio rispondeva.
      Il governo provvisorio finì per conoscersi inetto: alla sua sentita fiacchezza coerentemente agì. Giornaliere deposizioni, pubbliche stampe, la voce del popolo ogni momento incalzante sforzarono il ministero della guerra a destituire il più vergognoso fra quegli impiegati, la di cui nomina eccitato aveva lo scandalo maggiore: questi al governo provvisorio dimandò, fosse istituita una commissione a rivedere i conti del ministero, e giudicare la sua amministrazione. La commissione tenne qualche seduta al ministero della guerra: pochi giorni dopo dichiarò troppo grande il disordine: il portarne un giudizio impossibile, quando non le venissero concessi poteri più estesi. La commissione si sciolse: continuò il disordine.
      Seguì l'esempio del ministero della guerra la polizia. Non potendo più a lungo tollerare i ben fondati rimproveri, che ella si meritava pella testardaggine di dare impieghi a creature dell'Austria, il triumvirato della polizia nominò, o fece che il governo nominasse, una commissione detta dei sette: essa doveva trovar le corrispondenze coll'inimico, scoprire le cospirazioni, investigar le tendenze austriache per tutto dove si fossero, e farne buona e pronta giustizia.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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