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      Sotto l'impressione di sì acerbe accuse, false quanto immeritate, mi accinsi a scrivere: i fatti che io narrai non concordano, lo si vede, colle voci dell'Austria.
      Pria di terminare questo rapido cenno della rivoluzione milanese devo ripetere ancora, che io volli difendere i miei concittadini, non accusare chi ne cagionò la ruina. Ben m'avveggo che questa mia semplice esposizione di fatti desterà in qualcuno dei sospetti contro i principali autori di tali avvenimenti: gli è perciò che voglio darne ancora le ultime spiegazioni.
      Se un terribile disastro fu il fine della guerra dell'indipendenza, incolparne non si deve il coraggio del popolo: a certi uomini dei quali è più facile constatare i fatti, che spiegarne i disegni, spetta la colpa. La quistione è tanto delicata che astenendomi dal risolverla, apporto le giustificazioni, quali mi vengon date.
      I falli del governo provvisorio posero in grave imbarazzo i suoi successori: questo bisogna bene prima conoscere: l'assumere le redini di un tal governo non poteva esser, che difficile pondo pel generale Olivieri: ruina e disordine regnavano in tutti i rami dell'amministrazione: la è dunque giustizia chiamare a responsabilità di nostre sciagure coloro, che primi gettarono il seme della discordia e della diffidenza nel popolo. Quanto alle accuse contro Carlo Alberto, se abbastanza le provan vere i fatti da noi esposti, non son però privi d'interesse gli argomenti portati a suo favore dai suoi amici. A coloro, che dicono la condotta di Carlo Alberto natural conseguenza della diffidenza, che gli inspiravano le opinioni democratiche dei lombardi; a coloro che non temono gridare al tradimento, i difensori di Carlo Alberto oppongono dilucidazioni di qualche valore.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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