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      Tutti coloro che col massimo sforzo aveano preparati i fatti del 20 d'aprile, erano paghi ormai dell'accaduto, e volevano subitamente sostare sulla sdrucciolevole china delle rivoluzioni e degli attentati. Il senato non esisteva più, perocchè non ardiva congregarsi, ed era in sua vece convocata un'altra autorità. Il popolo milanese l'aveva rotta irremissibilmente per un misfatto col governo italo-francese. L'opera di distruzione era compiuta, e doveasi sollecitamente riedificare alcun che sopra quelle recenti rovine. Malagevole era l'impresa, anzi tutto, perchè le diverse fazioni ch'eransi indettate per atterrare il governo esistente discordavano essenzialmente fra di loro intorno al novello governo da instituirsi, e poi, perchè la plebaglia, assaggiato che ebbe il sangue e il sacco, non pareva disposta a sostare in sì bel cammino a piacimento di quei medesimi che l'aveano da principio sguinzagliata. Ho accennato testè la trasformazione subìta dalla fazione muratista, e l'ansiosa espettazione in cui il generale Pino, capo di essa, avea passato la notte del 20 venendo al 21. Le ore intanto erano scorse, e giunto il giorno, il generale Pino aveva scorse in grande assisa le vie della città, senza essere stato acclamato monarca. In queste congiunture, non rimaneva al Pino altro partito da abbracciare che quello di unirsi alla fazione degl'Italici sedicenti puri, a quella fazione che riguardava i sovrani alleati come tanti protettori disinteressati, e forse in segreto si lusingava colla speranza che alcuno de' membri dell'aristocrazia milanese fosse chiamato dall'imperatore d'Austria per salire sul trono d'Italia.


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Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni e delle cagioni del difetto d'energia dei lombardi
di Cristina di Belgioioso
1847 pagine 218

   





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