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      Perocchè, insino a tanto che essa mostrerassi oppressiva in Lombardia, pochi cuori italiani le saranno propensi.
      Dopo una dimora di sei mesi in Piemonte, protratta ad onta dei riclami del re Carlo Felice e dei gabinetti europei, le truppe austriache non erano in verun modo disposte a far ritorno entro i loro confini. Il governo imaginò allora di chiarire i sospetti che di già aggravavano un gran numero di Lombardi, e di atteggiarsi come se fosse particolarmente minacciato dai fatti del Piemonte e interessato ad impedirne il rinnovellamento. Da quel punto l'occupazione del Piemonte per parte delle truppe austriache vestiva un tutt'altro carattere di prima. La cosa non avea più luogo a chiesta del re di Piemonte, nè più bastava che questo monarca rendesse grazie all'Austria per accommiatarla; ma all'incontro il Piemonte era dall'Austria occupato per essere ciò necessario alla propria tranquillità, sicchè toccava ad essa il far giudizio del quando potesse lasciarlo libero senza suo scapito.
      Nove mesi pertanto dopo il termine della rivoluzione piemontese, che viene a dire in novembre del 1821, venne istituita in Milano una giunta estraordinaria per inquisire intorno agli accordi ch'eransi fatti tra i rivoluzionari piemontesi e i malcontenti lombardi. Quieta era cionnonpertanto la Lombardia in quel tempo; le madri dei giovanetti scolari arruolatisi nel battaglione di Minerva avevano riportata promessa dal conte di Strassoldo, presidente del governo di Milano, che la partecipazione di quei giovinetti alla sollevazione sarebbe risguardata come una scappata da scuolari; e fidenti nella promessa, quei giovani erano venuti di nuovo a sedersi sui banchi dell'Università. Il marchese Pallavicini e Gaetano Castillia, reduci anch'essi, nè mai stati molestati, credevano che il passo fatto da loro fosse ignorato o scusato.


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Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni e delle cagioni del difetto d'energia dei lombardi
di Cristina di Belgioioso
1847 pagine 218

   





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