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      Da quel giorno in poi è stato sempre bene, si fece crescere i baffi, spacciò patenti di cavalleria, e con sproni, e con frustini, e con cavalli fece restar me come un minchione, che non potei trattenermi dal dire evviva li matti! Gli altri fatterelli che illustrano poscia la sua carriera militare, io gli tralascierò: so che adesso fa il curiale, e taccio, perché io delli curiali ho paura.
      Veniamo ora alla storia de' quattro scudi. Era passato molto tempo, ed io me ne vivea quieto senza pensar più né a Bernetti né a Ciotti, quando una sera portatomi all'Accademia Tiberina della quale indegnamente son membro, vidi Ciotti che fra gli uditori stava seduto nella sala in cui si suol tenere adunanza. Mi accosto ad esso, lo saluto, gli do il bentornato, e, finito il trattenimento poetico, mi unisco con esso, il quale, ponendosi il discorso degli antichi sei scudi, mi disse che l'indomani me ne avrebbe soddisfatto. Non mi feci sfuggire il momento della sua favorevole disposizione, andai, e riebbi a conto due scudi: gli altri quattro poi non potei più riscuoterli, perché Ciotti rimase ben presto senza quattrini. Si stava così, allorchè, incontratolo fra le tante volte, mi disse, che avendo prestato a Bernetti quattro scudi, e dovendo egli presto partire da Roma, ciocché ancora non si è effettuato, avrebbe ingiunto al Bernetti medesimo di riguardar me come suo creditore, discorso che al Bernetti fu fatto dal Ciotti in mia presenza il giorno di S. Giuseppe 19 Marzo del corrente anno 1816. Bernetti accettò la girata, e si confessò mio debitore di scudi quattro, i quali mi disse potev'andare a riceverli in sua casa anche in quel giorno se avessi voluto. Io però fui moderato, e volendo usare delle convenienze con chi mi era stato ed ancora mi era un po' amico, non mi portai dal medesimo che la mattina del giorno 21. Peppe non c'era.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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