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      Chi non ha visto, chi ignora, chi non sarà sempre convinto che la condotta tenuta dal passato Segretario verso il tiberino instituto è biasimevole, è vile, è obbrobriosa, è di quel genere infine che meritò sempre mai la esecrazione d'ogni uomo, ed il rigor d'ogni legge?
      Che se giusta e santa dirsi debba l'idea di colui che posti da canto la compassione intempestiva e dei riguardi totalmente mondani e sospetti, con tutto il potere dà opera ad espellere dalla società una così abbominevole peste; che mai, Dio buono, che mai dovrà pensarsi di chi ricorrendo a ragioni tutte povere e fredde, pompa facendo di una maturità di consiglio, che diresti assai meglio estremità di paura, non solo con torto manifesto d'ogni buon senso dissimula lo scandalo antico, ma per novella esca e ripetute indulgenze i semi alimenta di ben più brutta vergogna?
      Non mi allontano io già, no, dalla circostanza in cui l'Accademia nostra attualmente ritrovasi; che non bastò l'aver mandato impunito un fallo contro cui ogni sanzione penale era lieve, (ma) si volle ancora scendere alla umiltà di pregare il reo a non allontanarsi da noi, e pregarlo con quelle formalità stesse colle quali s'invitano tutti i soci più benemeriti a fregiare le accademiche raunanze e delle loro persone onorate, e de' parti de' loro ottimi ingegni.
      Così si è agito da quel Consiglio Tiberino il quale soleva già raccapricciare alla sola idea di vedersi dattorno un uomo, il consorzio del quale potesse dar ombra di complicità d'attentato: così si è agito da quel Consiglio Tiberino, il quale studiava già tutti i mezzi per dare un memorabile esempio di imparzialità e di giustizia. Io mi vergogno di questa giustizia, e tanto me ne vergogno, che se non fossi sicuro che il rinunciare all'amministrazione del tesoro accademico presterebbe alla malvagità di alcuni incoraggiata dalla debolezza di altri le armi per involgere me ancora nelle turpitudini del Segretario passato; io non esiterei un momento a dimettere una rappresentanza che mi unisce a persone specchiatissime per verità, ma pure non state molto gelose del mio né del loro decoro.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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