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      Voi però seguiterete a condurre la vostra vita tranquilla; ed usando della onestà vostra per sole armi di questa guerra, riderete de' vani sforzi di nemici scarsi di munizioni, e ricolmi di codardia.
      Il medesimo rimprovero, che pel mezzo di vostra sorella feci fare a voi, vorrei ora fare a Lei pel mezzo vostro. Io Le ho scritto due lettere, l'una da Terni al momento di partirne per Roma, e l'altra di qui, che è quella da voi vista alla Ripa. Di ambedue non ho risposta. Per parlare però con sincerità, io dubito più della posta, che della Sig.ra Teresina, conoscendo la prima negligente, e la seconda diligentissima. Se voi avete occasione di farle avere questo avviso, mi farete cosa veramente gratissima, facendolo a Lei arrivare.
      Intorno ai perdoni, che voi mi chiedete, io vi dico che la mia amicizia è di quella indulgenza, che rimette insieme e la colpa, e la pena. Se voi però siete davvero pentito, attribuitevi di per voi la penitenza; e sia questa, se volete un consiglio, il prendere qualche volta la penna, per consacrare un momento a chi non si scorda di voi.
      Che Roma non istia tra le prime Città che gareggiano di gusto teatrale, io ve l'ho concesso, e ve lo torno a concedere. Ma che Fermo debba noverarsi, tra queste, che vincono Roma, io non saprei esserne persuaso. Perché malgrado tutta l'abbiezzione, in cui il governo ecclesiastico tiene le cose teatrali, pure Roma e per l'essere capitale, e pel numero della popolazione sua, e per la quantità degli stranieri, che vi concorrono, può facilmente superare Fermo sulle sue scene. Lasciando però Fermo dove si trova, io vi assicuro, che in questo anno i nostri teatri sono un'altra cosa. Se voi mi parlerete della bontà delle opere, e della maestria de' cantanti, io vi risponderò, che v'è del buono, e del cattivo: ma dirò insieme, che quando gl'Impresari hanno voluto il meglio e pagarlo, il successo è poi sempre subordinato a quelle leggi, con le quali vanno tutte le cose del mondo.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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