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      Tornando ora a voi: io intendo di essere sempre impiegato da voi e dalla Sig.ra Pacifica in ogni circostanza, in cui possa provarvi la mia riconoscente amicizia.
      Il V. a.co vero G. G. Belli
     
      LETTERA 22.
      A FRANCESCO SPADA - ROMATerni, 22 settembre 1821
      Caro Checco
      A Fuligno trovai la tua veramente graziosissima perché cominciava con tre grazie. Tu dunque compatisci que' poveri poveti da me ridotti alla miserabile condizione di un Cassio e di un Giuda; e non conti per niente il tormento mio orribile di sentirmi crepare dalle risa e non poter ridere per rispetto umano? Né ti dilungasti dal vero quando temesti che la mia lingua non voglia finirla qui; perché infatti mi va passando qualche ideuccia per la testa di aggiustar loro un po' meglio il corpo per le feste: senza però nominarne alcuno individualmente, e per la santa carità di fratello, e per la riverenza delle nostre accademiche leggi. Ma a proposito di Accademia, ci sarebbe pericolo che la di lei perdita, da te con mistero annunciatami, fosse il letto del Tevere ovvero il ricattiere che a Lei lo affittava? Leggi di grazia a questo proposito il seguente sonetto da me scritto in Ascoli nel mese di giugno, e non mai a te spedito, per paura che alcuni nostri confrati se lo avessero a male.
     
      Fra i Lippi, o Cecco, e fra i Cursori ancoraCerta novella in Pico si bisbiglia;
      Che il Padre Tebro colla sua famiglia,
      Per giusti fini vuol cambiar dimora.
     
      Se questo è vero noi vedremo alloraMille antiquarj rinnarcar le ciglia,
      Sperando pur che dalla sua mondigliaQualche bel pezzo caveranno fuora.
     
      E credo bene, che di roba anticaBuoni frammenti troveranno in copia,
      Con poca spesa e con minor fatica.
     
      Ma di moderna sarà grande inopia;
      Perché oggi, a nostra confusion si dica,
      Poco s'inventa più, molto si copia.
     
      Ignoro se, immaginando la qualità della perdita accademica io mi sia apposto anzi al falso che al vero: ma poiché tu mi dici quella essere perdita da consolarsene, per questo riguardo mi pare di non errar di molto.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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