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      Stolz, di lui aiutante di studio, alla Direzione; e poi tutti gli altri, a noi posteriori ed estranei, benché di noi più veloci nella nostra carriera. Ma questo non è il mio punto principale. Dopo breve spazio dallo stabilimento dell'amministrazione, Ella mi fece dimanda, e poteva esser comando, se io volessi andare ad aiutare per due o tre mesi il preposto degli atti privati di Roma. Io vidi tutto lo spiacevole e lungo avvenire che questo trapasso mi discopriva: ma a Lei piacque persuadermi operarsi ciò per mio bene e gran bene, ed ingannarmi io sul dubitare che una volta là confinato più non ne sarei o difficilmente tornato all'amministrazione, dove era il mio impiego, e dove io sarei rimasto indietro, se non di dritto, di fatto almeno e di cognizione. Obbedii: e invece di tre mesi vi stetti tre anni. Intanto qui nascevano leggi, memorie d'ordine e interni metodi, che io ignorava condannato nella peggiore metà di una sesta parte di prepositura perché io conduceva il monotono registro di dritto fisso in un uficio di Roma, dove in sei ufici tutta la somma prepositoriale si divide. Poi il Preposto degli atti privati assunse i pubblici: ed io conservato nel suo uficio vi ordinai l'archivio, a cui non mai prima s'era pensato, In questo mezzo fu chiamato dalla Direzione altro impiegato per disimpegnare nell'amministrazione incombenze, alle quali avrei potuto bastare io. Io reclamai molto, e tanto, che finalmente ottenni di ritornare in amministrazione col titolo di commesso di prima classe, in ricompensa di tre anni di fatiche veramente eccessive non meno che noiose. Volli, e ne aveva i mezzi, supplicare Monsignor Tesoriere perché di accordo col titolo conferitomi come si rileva dai ruoli, mi fissasse la giunta di stipendio al medesimo titolo corrispondente, il quale Ella da qualche tempo prima mi andava somministrando con separata quietanza.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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