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      Ti abbraccio di nuovo, pregandoti di mille baci a Ciro mio. Che penna! Locande!
      Il tuo P.
     
      LETTERA 66.
      A MARIA CONTI BELLI - ROMAMilano, 18 agosto 1827
      Mia cara e buona Mariuccia
      Dalla mia anteriore n.° 5 avrai udito come io stava in pena non vedendo i tuoi caratteri. La presente dovrebbe dileguare ogni idea di timore e di dispiacere ma come farlo, se tu mi dici di non star bene? Non puoi credere quanto questa cosa mi agiti e mi faccia vivere inquieto! Vedo con dolore che le tante brighe nelle quali tu devi certamente trovarti avvolta ti tolgono sino il tempo di fare i bagni, da cui si potrebbe sperare un gran bene. È questa una gran fatalità che la salute ti vada così abbandonando, ed è stata di più una grande ingiustizia che io che alla fin fine non aveva niente sia venuto a divertirmi, e tu al contrario che soffri davvero abbi dovuto restartene alla fatica ed ai dispiaceri, sola e senza un conforto! Ti assicuro che se tu mi dicevi a tempo quel che mi dici oggi, io non partiva di certo. E fra le altre cose mancavano ancora questa benedetta congregazione di carità, e quel birbante del tuo zio, pel quale, se non ci fosse un inferno, bisognerebbe fabbricarlo apposta. Mariuccia mia, abbici sofferenza fin che puoi, e quindi io direi che te lo togliesti sino dal pranzare con te, ponendoti del tutto dietro un salvaguardia, che sarebbe quello di manifestar tutto a qualche persona di autorità; né il curato mi parrebbe fuor di proposito, tanto più che io sospetto che l'avvocato lo visiti spesso. Basta, io parlo così per modo di dire: tu poi medita se ciò ti convenga per la tua pace, di cui abbisogni. Non dubitare: Celsi non ci abbandona, ma pensa che Menguzzi è un disperato.
      Non puoi credere le attenzioni di Moraglia e di tutta la famiglia. Egli si dispera per non avere una casa in cui poter darmi una stanza: è piccola assai, e ci vive coi genitori, col fratello, con la moglie e due cari figlioletti.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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