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      - Ho con me un certo mio povero libretto non scritto dal diavolo ma neppure dall'angiolo Gabriello: ma figurati, non ha più faccia di comparire, e riposa nel sacco sino a nuov'ordine. - Sai che dicono per la locanda? Ih! guarda che bel giovanotto si portano a Roma i gesuiti per novizio. Ecco la prima parola di vanità che da ieri mattina mi è uscita di bocca: sia detta però in semplice via di relazione de verbo alieno.
      Tanti baci a Ciro e la benedizione. - A te mille abbracci.
      Il tuo P.
     
      Cristaldi non è più lui. Ricci forse anch'egli. Mattei... ma chi glielo dice? Dunque quest'anno senza dubbio si va in dogana.
     
      LETTERA 110.
      A MARIA CONTI BELLI - ROMADi Terni, 4 novembre 1829
      Mia cara Mariuccia
      Ricevo la tua di ieri. - Gli Sc. 25 di Silvestro sono già in mie mani: così gli altri Sc. 15 del fratello Francesco Diomede. Circa alle altre riscossioni periodiche non manca che De Sanctis e Peppino. Il dare di De Sanctis per frutti del censo è di paoli i quali al ritiro prossimo del capital di Sc. 28 gli si dovranno abbuonare in diffalco della rata comodi non concessagli mai dall'ab. Conti sin dal principio della legge che la prescrisse. Ho poi detto prossimo ritiro del Capitale perchè il Maggiore Marco Setacci sicurtà del De Sanctis è attuale amministratore di certi fondi spettanti alla eredità del suddetto, dimodoché è suo interesse di ritenere la somma per la estinzione di un debito che graverebbe anche lui. Mi ha dunque giurato che ne' primi mesi del 1830 questo affare sarà terminato. - Con Peppino non ho ancora fatto i conti, ma temo anche io che pel saldo delle somme dovute da lui si dovrà accordargli qualche poco d'indugio. Cosa faresti se non paga ora? Lo vorresti citare quando non lo abbiamo citato per emergenze più serie?
      L'affare Cardinali prende sotto il mandato che si può prendere da un momento all'altro.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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