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      Gli alimenti lo ristorano dalle fatiche e gl'infondono vigore per fatiche novelle; nel tempo che le fatiche stesse abbisognano all'uomo onde poi assaporar meglio il divertimento, il quale, non condito dal desiderio, è simile ad una vivanda, che, quantunque saporosa e delicata, riesce insipida e nauseante senza lo stimolo dell'appetito. Guai a chi mangia nella sazietà; e così, misero colui che estingue lo spirito in diletti non mai alternati dal travaglio. Il languore, la noja e il disgusto di sé ne faranno un essere morto prima di morire, e in poco dissimile dai candelabri e dalle statue che van decorando i luoghi delle sue dissipazioni. È inutile che a questo passo io ti ripeta l'assicurazione della paterna sincerità. Tu lo sai che io non seppi mai ingannarti: ma, nell'attuale soggetto, alla verità delle mie parole voglio unire il soccorso della tua stessa memoria. Non ricordi tu, Ciro mio, quante volte il giuoco troppo continuo ti ha riempito il cuore di svogliatezza; e tu, deluso nella tua lusinga di sollievo, passavi da un giuoco all'altro senza mai trovar quello che ti dasse il diletto di cui abbisognavi? - Io, lo confesso, talora ti abbandonava a te stesso e ti lasciava fare, perché appunto una verità non insinuata da alcuno, ma sollevatasi spontanea nel nostro cuore dal gran fondo dell'esperienza ci mette meglio nell'animo un principio salutare, che un giorno richiamato opportunamente ad esame sparge la nostra vita passata di una luce che c'illumina l'avvenire. Comprenderai bene, Ciro mio, queste mie riflessioni? Ne dubito: ma convinto, come sono, che alcuno de' tuoi eccellenti superiori ti aiuterà a penetrarle, non tralascio di fartele e per tuo bene e per mia stessa soddisfazione. Non puoi credere quante cose affettuose ti dica la tua buona Mammà, la quale, allorché giunse la tua lettera, corse ella medesima a portarmela, tutta ansante di consolazione.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





Ciro Ciro Mammà