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      Allorché tu avrai familiare la superba lingua del Lazio, sarai stupefatto delle bellezze sublimi degli antichi Autori; e le stesse carte che tu scriverai, riterranno l'indole delle tue buone letture. Il Sig. Rettore sa se io ti dico il vero. Studia dunque, o mio Ciro: un poco di fatica sarà un giorno ricompensata da infinito piacere e da gloria. Te lo prometto.
      Riguardo alla Calligrafia, mi sembra, Ciro mio caro, che tu vada prendendo qualche difetto, il quale con qualche attenzione potrai facilmente ritoglierti. Per esempio, la lettera F, che una volta era da te scritta secondo le forme più lodevoli, ora la fai nel seguente modo... Questa, figlio mio, è una forma un po' sconcia, e disarmonizza nella scrittura colle lettere vicine. Giudicherai tu stesso della Verità delle mie asserzioni dalle due parole che qui appresso io ti segnoaffetto
      difficoltà.
      Non vedi tu, Ciro mio, che nel modo scritto alla tua guisa le due ff sembrano piuttosto due lunghe zeta, tantoché quelle due parole si leggono meglio per azzetto dizzicoltà che non per affetto difficoltà? Di dove hai cavato questa barocca forma di lettera? - Nel resto poi bada di non tirar via nello scrivere. Io so che fra gli studii non si può scrivere sempre con tanto agio e tanta attenzione, mentre l'applicazione ed il tempo debbonsi economizzare in favor del soggetto che si scrive, e non già totalmente o in gran parte concedersi al carattere con cui si scrive: ma almeno in qualche particolar circostanza, dove lo studio non entri per primo, sii accurato nello scrivere in modo da non perdere un'abilità che avevi acquistata. E in quanto alle lettere che mi dirigi, sieno esse più brevi, se vuoi, ma più corrette, imperocché io ci trovo non poca negligenza nella ortografia, e per conseguenza molte correzioni. Riflessione, Ciro mio, riflessione in ogni cosa, e non si sbaglia mai, o raramente.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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