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      Il Sig. Fari mi partecipò la tua idea di studiare la introduzione della Straniera: Voga voga etc. - Bravo Ciro mio, imparala bene.
      La tua Mammà ti ringrazia delle amorose espressioni da te usate con lei, ti benedice, ti abbraccia e ti dà mille baci. Così ti salutano i nostri amici, Antonia e gli altri domestici.
      Il Sig. Presidente sta bene e ti saluta anch'egli. Tu presenta i miei rispetti al Sig. Rettore, e credimi, pieno di amoreil tuo aff.mo padre
     
      LETTERA 207.
      A CIRO BELLI - PERUGIADi Roma, 5 marzo 1835
      Mio carissimo figlioNella tua lettera del 21 febbraio, in cui rispondi alle mie riflessioni su quell'importuno mediocre da te riportato negli esami, prometti di fare il possibile affinché il futuro esperimento vada assai meglio. Intanto mi dici che pel passato ci vuol pazienza. Hai ragione, Ciro mio: ci vuol pazienza. Che si può fare di meglio che esercitare questa bella virtù, la quale diviene altronde necessità quando manca affatto un migliore rimedio? Te lo diceva anche io che al fatto, al passato non si può far più ritorno. Né io ritornerei più su questo punto se precisamente questo tuo confortarmi alla pazienza non mi suscitasse qualche riflessione novella. La pazienza è un un'amabile dono della provvidenza, destinato a consolare i rammarichi della vita e a contentare l'uomo in quella moderazione d'animo che dà risalto alle sue più belle prerogative.
      Ma sventuratamente questo prezioso regalo del cielo cede assai presto ai ripetuti cimenti. Il nostro caso dell'esame non entra ora fra le cause alle quali io voglio indirizzare la tua attenzione. Esso è un lieve danno che tu puoi ben risarcire, e ciò basti. Voglio invece darti regola che può servirti in tutte le occasioni in cui ne' tuoi rapporti colla società sia luogo all'esercizio della tolleranza. Tu devi agir sempre come se tutti gli uomini fossero impazienti e non ne perdonassero una.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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