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      La troppa, buona opinione dell'altrui clemenza e facilità diviene in noi un abito di trascurare soverchiamente l'adempimento de' nostri doveri; e così, oltre il pregiudizio di avvezzarci disattenti e poco curanti della perfezione nostra, a cui l'indulgenza, o l'educazione degli uomini può concedere quel che le manca, si consegue un altro mal frutto, cioè quello di doverci a nostre spese disingannare su quella stessa, benignità che supponevamo negli altri salda a qualunque provocazione. Non voglio mica dirti con ciò che tu debba principiare dal riputare tutti gli uomini una gabbia di leoni e di orsi rabbiosi, o un eserciti di nemici implacabili, vigilanti sempre per attaccarti nella tua parte più debole. No, Ciro mio, gli uomini dobbiamo crederli tutti più buoni e mansueti di noi. Io intendo rimovere da' tuoi giudizi l'eccesso, il quale guasta tutte le più lodevoli qualità della mente e del cuore. Te lo ripeto: non giudicare impazienti tu devi gli uomini, ma operare come lo fossero. In questo modo, o abbiano essi o non abbiano questa virtù, tu sarai sempre al sicuro. Le soverchie lusinghe di trovare in altrui quella bontà per noi che noi stessi ci siamo negata quando abbiamo male operato, ci gettano un giorno o l'altro in un mare di guai dove si affoga. - Se questa mia lettera fosse al di sopra della tua intelligenza, prega alcun tuo Superiore di dichiarartene lo spirito. Così, a poco a poco, principerai a meditare da te.
      Il Sig. Presidente, che ho veduto da poco, ti ritorna i tuoi saluti. Gli amici e i domestici, specialmente Antonia ti dicono mille cose. La tua buona Mammà ti abbraccia, siccome faccio io.
      Il tuo aff.mo padre
     
      LETTERA 208.
      A CIRO BELLI - PERUGIADi Roma, 9 aprile 1835
      Mio carissimo figlioIl giorno 12 corrente è il tuo compleanno. Nella prossima domenica ad un'ora di notte tu termini l'anno undecimo della tua vita e cominci il decimosecondo.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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