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      Ricevi queste espressioni dell'amore vero ed ardente del tuoaff.mo padre
     
      P.S. Poco prima di mandare alla posta la presente mi è giunta l'altra tua latina scritta il 19 corrente, cioè nel 14° giorno avanti le calende di Gennaio 1836. Bravo, bravo, Ciro mio; e benchè tu ancora non tocchi a sublimità nel possesso di questo idioma (siccome mi dici), purtuttavia io son contento, e ne ringrazio il gentilissimo tuo Sig. Maestro, del quale con molto piacere e mio onore trovo i saluti e gli auguri nella tua lettera. La tua Mammà, benchè meno dotta del suo Ciro, pure presso mia spiegazione ha potuto gustare le tue latine eleganze e te ne rimerita con mille nuovi abbracci. Così te ne fanno plauso coeteri noti ac affines.
     
      LETTERA 230.
      A NATALE DE WITTENnel giorno 25 dicembre 1835
     
      Dopo trecensessantacinque giorni,
      Ed un giorno di più quando è bisesto,
      Torna il Santo Natal con tutto il resto,
      Cioè i Magi, il presepio e i suoi contorni.
     
      Io non mormoro già ch'esso ritorniBensì mi lagno che ritorna presto.
      Perché ad ogni tornata è manifestoChe ci crescono addosso i capricorni.
     
      E non appena pei caffè in vetrinaScopro i primi pangialli, io dico: male!
      Vedi come l'età passa e cammina.
     
      Basta, lasciam da parte la morale;
      E piuttosto gridiam questa mattina:
      Viva il Natale ed il Signor Natale!
     
      G. G. Belli
     
      LETTERA 231.
      A FRANCESCO MARIA TORRICELLI - FOSSOMBRONEDi Roma, 9 gennaio 1936
      Mio carissimo Torricelli
      La composizione, o, secondo il linguaggio de' tipografi, la pizza della tua inscrizione, è fatta. Non si può ancora imprimere perché l'incisore non ha fatto il monogramma del Cristo da porvisi in alto, il quale manca al Salviucci nella grandezza proporzionata al nostro bisogno. Io però non cesso dallo stimolare.
      Sul sonetto pel capo-d'anno ecco come la penso io ai versi 5° e 6°. - Il servo è il servo e il tiranno è a dirittura il padrone: il che si riferisce all'opre: il numero è l'anno 1835: l'appiè del trono è il punto dove si congiungono i rapporti del comando e della obbedienza, e dove l'anno gli accoglie tutti nel suo seno per ritenerveli quasi cosa presente per tutta la durata dell'anno stesso, finito il quale sogliono gli uomini considerare perfettamente passati i fatti in quello accaduti.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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