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      Così dicesi è cosa di quest'anno; così fu cosa dell'anno scorso etc. Terminato l'anno, gli avvenimenti di quello, prendendo di un colpo natura di cosa remota, cadono coll'anno stesso in grembo ai secoli che sono compiuti e riuniti all'eternità, nella di lei parte antecedente al punto del presente, che è il solo momento da cui si possa concepire divisa. Difatti l'eternità mancando di estremi, neppure dovrebbe di ragione aver parti, le quali suppongono un mezzo. Quel tal che credo possa ritener più relazioni colle opre che non col servo e col tiranno, mentre costoro in caso obliquo e in vera obliquità di azione non istanno nel verso se non per caratterizzare le qualità dell'opre di servitù e d'impiego; di modo che alle sole opre vien consecrato tutto il resto di quella quartina, dove il servo e il tiranno non figurano più. Dopo tante ciarle apparirà forse meno dichiarata la matta idea che io pretesi di esprimervi. Dio guardi però quel sonetto che abbisogna di tanti commenti!
      Ti ringrazio del bel sonetto del Sig. Donini il quale si assapora senza uopo di arzigogoli. E così ti sono obligato per la cara e stracara ottava del Sig. Montanari. Come vi ha preziosamente riuniti i due nomi di Clorinda e Torquato! Ecco un modello rarissimo dell'arte di giuocare sui nomi con severa convenienza al soggetto.
      E già che siamo in proposito di sonetti, saprai, o, se nol sai, tel dico io, che il Barone Ferdinando Malvica di Palermo s'è insorato con egregia donzella. Voleva miei versi. Gliene scrissi 14, ma un comune nostro amico, il caro ed eccellente Biagini che nel 1830 ti feci conoscere, non ha creduto che gliel'inviassi, onde (son sue espressioni) non fargli cascare il cuore in terra. Li mando a te, che, povero Torricelli, il cuore in terra già ce lo hai. Unisci dunque dolore con isdegno, e leggi i miei 14 versi, seppure non debbano chiamarsi meglio 154 sillabe.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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