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      Lo capisco, il primo merito della tua guarigione, che io già vagheggio assicurata, si deve attribuire alla cura de' tuoi professori; ma pure mi piace di crearmi un orgoglio simile a quello della mosca che arava sulle corna del bue.
      Troppo è stato il piacere causatomi dalla tua lettera perché io ti rimproveri l'infrazione del precetto che ti avevo dato di non iscrivermi di tuo pugno. Ti ringrazio quindi della tua premura in mancanza di segretarii: potevi però esser persuasa che non mi sarebbe sfuggita la considerazione dell'angustia del tempo nell'ordinario di giovedì, tantoché il non aver visto oggi le tue lettere non mi avrebbe messo in pena, per la facilità dell'attribuire questa mancanza al suo vero motivo. - Il nostro caro figlio sta sempre come un fiore, ed a quest'ora avrai avuto la di lui lettera di giovedì 23. Nel dopo-pranzo di detto giorno egli stette sempre con me. Gli ho questa mattina per mezzo del maestro di musica mandati i tuoi saluti, e dimani (domenica) andrò io medesimo a trovarlo e lo abbraccerò e benedirò in tuo nome.
      Col Sig. Bianchi, il quale mi aveva raccomandato Regaldi, ho fatto molte risate sulla maniera di agire di costui. Bianchi me lo diresse, assediato dalle di lui premure onde venir raccomandato a qualcuno. - Insomma ha fatto quattrini: ecco per lui l'interessante. Ora non avrà da far altro che lasciar Roma e trinciarle i panni addosso, parendogli forse di aver guadagnato poco.
      Qui fa caldo: figurati a Roma!
      Di' a Biagini, se lo vedi, che sto aspettando qualche occasione per mandargli il cerotto da Frontini. Salutami lui e tutti gli amici, e i domestici, e chi chiede di me. Abbiti cura scrupolosa, e ricevi mille abbracci dal tuo aff.mo P.
     
      LETTERA 246.
      A MARIA CONTI BELLI - ROMADi Perugia, 30 giugno 1836
      Mia cara Mariuccia
      Malgrado il licenziamento dei professori e la guarigione esteriore della testa, sento purtuttavia con rammarico non essere tu ancora esente dal male primitivo, le cui reliquie ti affliggono ancora e ti tormentano di tempo in tempo.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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