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      Per vedere il gran pesce non era più tempo. Già vendevasi a fettine e fettone per baiocchi 18 la libbra ed anche per 20 o 25 secondo il genio de' compratori. Dicono che fosse uno sterminato storione, ma che insieme vi si trovassero due smisurati tondi. Così mi ha detto una certa Signora Dorotea della quale ecco le precise parole: ci suono un storione molto grandissimo e un tondo o due salvo il vero, e lo so dalla Signora Malta delli gipponari ch'è persona che lo puole sapere, e tutto assieme pesa settecento e passa libbre tra tondo e storione che nissuno ha possuto mai vedere una cosa accossì tale come questa di pescaria d'oggi, che s'assicuri certo che non si va più in là nemmeno per le mille. A tanto bel tratto e fiorito non mancava alla Signora Dorotea che inzepparci dentro (per fàs e Caifàs) il Maggiorasco dell'Achillini Marinese che ad ogni modo vi avrebbe fatto sempre miglior figura che non in quel beato sonetto dedicato a S. Barnaba profligatore de' contagii e del roco terremoto. Bisogna dire che il roco terremoto si fosse infreddato e accatarrato per qualche colpo d'aria sofferto fra quelle pericolose colline Marinesi o Frascatane. Ma se il Sig. Fumasoni-Biondi, anziché porre in ridicolo il povero terremoto per un po' di cimurro di testa e per un tantin di catarro, gli avesse fatto amministrare una o due once di siroppo di viole, avrebbe operato più da cristiano; e il mordace sonetto camminerebbe altrimenti.
      E, a proposito di terremoto, a Costantina in Africa si sono sentite alcune scosse. Un dotto Ulema ha spiegato al comandante francese la cagion naturale di quel fenomeno. Il globo, dice il dottor Musulmano, è sostenuto da un gran toro sulla punta di un corno. Allorché il toro è stanco, da un corno fa saltar il globo sulla punta dell'altro; ed ecco il terremoto chiaro chiaro come la sperella del sole.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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