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      Per la qual cosa, signori cosi miei, non mi rispondete perché la vostra lettera non mi troverebbe più qui.
      Se tu o Biagini poteste portare in mio nome una notizia al R. P. Tessieri Direttore del museo Kircheriano mi fareste piacere. Si dovrebbe dirgli che dopo mille ostacoli ho ieri potuto finalmente parlare con questo Sig. Marchesino Orazio Antinori, al quale aveva io fatto varie visite come pur molte ne aveva egli fatte a me senza mai scambievolmente trovarci. Egli dice avere già da qualche mese spediti al P. Tessieri parecchi uccelli preparati, consegnandoli a un tal Massimi addetto all'Ospedale di S. Spirito e abitante in casa del perugino D. Benedetto Sebastiani accanto alla chiesuola di S. Giuliano al Sudario. Fra non molto procurerà di mandare i rimanenti che deve ancor preparare. Bramerei che il P. Tessieri sapesse queste cose prima del mio ritorno, onde accelerargliene la cognizione, tanto più che ne' primi giorni della mia dimora in Roma temo di aver faccende tali e tante da impedirmi di recarmi a riverirlo così presto come vorrei. L'ora più propizia per trovare il P. Tessieri è fra le 22 e le 23. -
      Saluti ai soliti: abbracci a te: abbracci a Biasciuti:
      Trecento Fabî in un sol giorno estinti. - chiusa in grazia della rima.
      Il tuo, il vostro Belli.
     
      LETTERA 347.
      A LUIGI MAZIO - ROMADi Terni, venerdì 14 settembre 1838
      Mio caro Gigi
      Ieri giunsi finalmente in questa cornuta (e, se non avessi scrupolo delle parolacce, direi volentieri fottuta) città. A Perugia ho perduto due giorni nel labirinto vetturinesco. Oggi dovrei pormi in campagna pe' miei poveri affari; ma grazie a Dio, piove, e fra gli oliveti non si va né in tilbury né coll'ombrella.
      Se dimani li Signor Tempo si contenterà mi recherò a questa benedetta via-crucis campestre: altrimenti quando la mia buona-stella vorrà. Debbo andare in giro per gli avanzi del vecchio rustico patrimonio di Ciro, gridando per piani e per colli e per valli: ossa arida, venite ad judicium; e così sempre si grida quando non si è avuto giudizio a tempo.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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