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      Io dunque le ho fatte eseguire, e te ne spedirò otto o dieci copie, alle quali ho fatto aggiungere il prospetto della piazza del popolo che apre l'ingresso al passeggio del Pincio. Ne terrai una per te, e darai le altre a chi ti piacerà, non trascurando il Sig. Rettore, dove possa aggradirne egli la offerta. Ti prevengo però che lo stato attuale del Pincio ha subito qualche piccola variazione da ciò che viene indicato nella pianta. Se non troverò più sollecite occasioni ti spedirò le stampe insieme col solito piccolo regaletto di pangiallo romano.
      I nostri parenti, amici e antichi domestici ti son grati per la memoria che conservi di loro. Ciò fa onore al tuo cuore. Essi tutti ti risalutano. - Studia di cuore, Ciro mio, e divieni sempre più un ometto. Riveriscimi i tuoi Sig.ri Superiori e la Sig.ra Cangenna, di cui il Sig. Biscontini mi ha recato i saluti. Ti abbraccia e benedice il tuo aff.mo padre.
     
      LETTERA 353.
      AL PROF. ANTONIO MEZZANOTTE - PERUGIADi Roma, 6 dicembre 1838
      Gentilissimo amicoHo ritirato dalla posta la vostra ode il 6 settembre, pendant (come direbbero i francesi) del 5 maggio del Manzoni. In quest'ultima però si parla di Morte e di Sbigottimento: nella vostra suona vita e speranza. Io ve ne ringrazio di cuore.
      Riguardo al greco per Ciro il Sig. Rettore Bonacci mi scrisse: io gli risposi: egli mi ha replicato. Nella piega presa dal Collegio riguardo ai metodi d'istruzione convien prendere ciò che si può e come si può.
      Intanto vi son grato delle cortesi disposizioni del vostro animo a pro di mio figlio, e farò ancora ch'egli le valuti quanto deve. Tutto ciò che nel greco potrà Ciro acquistare prima del suo egresso dal Collegio, sarà sempre un di più da non trascurarsi, e gli gioverà per gli studi posteriori, come voi benissimo dite, dovunque abbia a farli.
      Se io avessi tempo da ricopiare, che non l'ho davvero, vi manderei in piccolissimo contracambio della vostra nobile ode un'altra mia ode, scritta a sospetto di fuga per recitarla nell'Accademia solenne dei tiberini domenica ventura.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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