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      Nel sèguito della mia vita ho poi verificato che il maestro aveva ragione. Ma allora che per ricreazione mi si dava la tombola, i numeri mi parevano tanti! Eppure non son più di due: singolare e plurale. Il primo riservato a una sola persona, il secondo esteso a tutto il genere umano. Le porzioni non paiono per verità troppo giuste: vi figura forse un po' troppo il sistema monarchico; ma le hanno fatte così e ci vuol pazienza. Almeno i Greci, incastrandovi in mezzo il duale, v'indoravano la pillola, e il passaggio restava men duro. Peggio poi quando i legislatori delle buone creanze, cacciato il naso fin ne' codici delle lingue, imbrogliarono ogni regime de' precedenti sistemi. Qui voi mi chiederete, o cara Amalia, perché tanto preambolo a una lettera familiare. E appunto qui vi voleva. Nella parola familiare sta la chiave del mio Abracadabra. Uditemi bene. Del Lei, dell'Ella e del Vossignoria io non ho mai fatto uso con voi, fuorché nell'indispensabile cerimoniale de' primi colloquii. In appresso e a voce e in carta venne fuori sempre il voi, non tanto per ossequio ai bandi del galateo quanto perché realmente le vostre grazie, la bontà vostra e i vostri talenti vi facevano parere a' miei occhi un compendio di molte care persone. Ma appunto pel complesso delle vostre qualità avvezzatomi quindi a considerarvi men prima che unica nel vostro sesso, andò la logica riprendendo a poco a poco i suoi diritti sulla mia mente, sì che mi vidi più d'una volta in procinto di accogliere nelle mie lettere le schiette regole grammaticali. Quando però al ruminare quella dolce seconda persona del numero singolare io mi sentii un certo sollevamento nuovo di costole, presi sospetto non venirmi forse il consiglio direttamente dal cervello, ma che invece un altro viscere più impertinente cercasse di cavar la castagna con la zampa del gatto.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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