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      Rettore allorché io mi trovava in Perugia. Gli esercizi di chimica mi piacerebbero assai, perché io amo ardentemente questa e le altre scienze congeneri: nulladimeno mi veggo obbligato ad insistere sull'uopo degli esercizii intorno ai classici latini e circa alle bellezze del latino idioma, del quale, giunto tu a Roma, avrai somma necessità. Tu sai che l'eloquenza latina fu non troppo bene servita all'epoca in cui tu ti vi applicasti pel corso ordinario della tua istruzione, e con te e con me lo sa il Sig. Rettore e forse tutto il Collegio. Temo pertanto che questi tuoi interventi alle lezioni di chimica, sostituiti (a quel che pare) all'intervento nella scuola di oratoria latina, ti tolgano il tempo di eseguire quanto io ho sempre desiderato. Se dunque, Ciro mio, ti è forza di sacrificare uno de' due esercizî, mi farai cosa gratissima di mandar vittima piuttosto la chimica che non la oratoria latina, imperocché la prima ti potrebbe esser utile e la seconda ti è indispensabile. Dove poi il tuo tempo e le tue forze arrivino e bastino a tutto, non so dir altro se non che tu faccia il tuo piacere senza offendere il mio. Ti ho voluto intanto cavar fuori tutto questo discorso perché nella enumerazione de' tuoi studî mi hai saltato a piè pari ciò che più m'interessava di udire. A Roma, Ciro mio, si vive in latino, quando non si voglia esser paghi di qualche impieguccio da commesso di dicasterii. Le più alte speranze e le più nobili fortune vanno unite alla toga. Io non ti vorrei uomo volgare e gregario, e alla mia morte desidererei dalla tua penna una bella epigrafe nella lingua di Cicerone. Né ciò già sul mio sepolcro, perché io non ho cosa alcuna da narrare di me alla posterità, ma sopra la prima pagina del tuo portafoglio. Se l'avvocato Ciro Belli sarà anche un fisico-chimico, tanto meglio: prima di tutto però l'avvocato parli da avvocato romano.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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