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      All'impossibile però non può trovarsi rimedio e ciò io conosco benissimo non avendo l'animo irragionevole. Ora tu fa' quel che devi e che puoi, né ti smarrire la mente in moleste sollecitudini. Se ti riuscirà e quando ti riuscirà senza troppo cimentare le tue forze, vivo persuaso che il tuo savio e retto giudizio ti farà premuroso di munirti d'un mezzo sì potente per esprimere in questo romano fôro, e in questa romana corte, tutta la dottrina di cui per le scienze avrai fatto tesoro. Io già non dubito che le regole del latino idioma ti sien familiari, avendo pure in esso impiegati più anni: il mio desiderio si indirizzava al farti acquistare il pronto uso de' vocaboli e delle frasi più scelte, e al formarti il gusto al sapore delle eleganze de' classici. Forse tu sai (e se non vi hai mai riflettuto, te ne avviserò io) che noi pensiamo parlando tacitamente con noi stessi, né accade riflessione nel nostro spirito che non segua per via di ragionamento verbale, dacché niuna chiara idea ci si sveglierebbe nell'anima se non vi nascesse associata alla parola merceccui la esprimeremmo comunicandola ad altri o colla voce o con segni di convenzione. Ed ecco perché chi meglio pensa meglio parla, soccorrendogli più ovvia e distinta la parola relativa al pensiere ovvero al concetto e alla idea con cui n'era già prestabilito nella mente il rapporto. Tu pensa a quel che ti piace, e, se per poco vi badi, ti accorgerai di parlar teco stesso mentalmente, benché la tua lingua si mantenga in perfetto silenzio. Non si parlerà dunque mai bene una lingua finché non si pensi in quella e con quella; ma per pensare in una lingua non natìa senza che quel tacito discorso proceda da un'istantanea traduzione mentale della lingua nostra nella strariera, è necessario di avere lungamente abituato lo spirito ai suoni o alle reminiscenze de' suoni dell'idioma acquisito, sì che la familiarità di questo ci si equilibri colla confidenza che abbiamo del linguagzio primiero, associate alle cui voci si svilupparono in noi le prime idee fin dalla infanzia.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963