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      Il solo esercizio può conferirci facoltà di giungere a tal facilità e schiettezza di discorso in una lingua non nostra, da renderci inutile o almeno impercettibile la progressiva traduzione mentale delle idee nelle voci nostrali, e poi di queste nelle parole straniere. Con questo doppio processo si moltiplicano gli atti della mente: quindi lo stento e la minore efficacia della orazione. Ma quando per una diuturna abitudine noi colpiremo immediatamente il rapporto fra una idea nostra e la straniera voce senza passare a traverso del nostral vocabolo che corrisponde ad entrambe, allora potremo dire di perfettamente sapere ed usare una lingua, acquisita per mezzo delle identità ideologiche col nostro idioma natio. - Basti tutto ciò, e sia stato detto per pura accademia. Quando vivremo insieme studieremo Cicerone, e ci aiuteremo vicendevolmente a gustarlo. Intanto, ripeto, fa' quel che puoi, e quando puoi, e sepuoi.
      Mi fa gran piacere l'udire che il Sig. Tancioni abbia approvato il libro de' partimenti. Ora sta a te, quando puoi, di approfittarne. E prego il Sig. Maestro di rendertene l'uso efficace. E m'auguro che possa.
      Quando verrò a Perugia porterò meco i miei scritti cinesi, e se nelle ore di ricreazione vorrà il Sig. Rettore permetterlo, li andrò leggendo a te ed ai tuoi compagni. Sei contento così?
      Sì, anch'io sto bene, per grazia di Dio; e voglio tornar giovane per vivere più lungamente con te. Misuro il viver mio dagli anni tuoi.
      Dimmi un po', Ciro mio, perché nella tua ultima lettera mi hai scritto 1° gennaio anziché 1° dicembre? Ti pesa tanto il tempo che tu voglia accelerarne la fuga? Vivi, vivi quest'altro mese, e già non dubitare che i gennai non ti passino sul capo colla celerità del pensiere. Tu adesso mi farai il complimento di dirmi che ti fingi così più vicino il momento della nostra riunione.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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