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      Il mio malanno ebbe principio il 28 dicembre, e mi tenne in letto sino al 28 dello spirante mese, cioè sino all'altro ieri. Se io vi dicessi però che mi senta in oggi perfettamente guarito, vi direi forse bugìa; ma pure non ho più febbre e mi vado trascinando alla meglio, perché è passato quel tempo in cui le convalescenze me le sbrigavo in momenti. In tutti i modi posso riprendere in mano la penna per ringraziarvi di tutte le obbliganti espressioni della summemorata vostra lettera, e per condolermi con voi circa al nuovo infortunio occorsovi nella vostra caduta nel sotterraneo, troppo trista giunta alla precedente disgrazia della ottima vostra Signora, la quale mi rappresentaste tuttora giacente in letto, oppressa da dolori e da tutte le conseguenze di un lungo decubito.
      Se io dovessi ascoltare le lusinghe del mio desiderio, avrei speranza che al giorno in cui scrivo fosse ella, se non perfettamente risanata, in grado almeno di usar novamente delle sue membra e di promettervi vicino il conforto di riaverla compagna nelle domestiche faccende e in tutti i più dolci atti della vita.
      Starà alla vostra compiacenza l'istruirmi sino a qual grado io m'apponga al giusto in questa consolante mia idea, di cui molto mi dorrei se non si appoggiasse finora che ad una semplice illusione nata dall'interesse di udirvi contento e tranquillo.
      Risguardo agli scudi ventuno ed al conteggio Cinagli, che relativamente all'affare Trevisani mi diceste avere in mani a mia disposizione, riterrò qual tratto della vostra bontà se poteste accelerarmene la spedizione, anche per la via della posta, qualora vi mancassero tuttavia altri mezzi per effettuarmene l'invio senza dispendio. Delle due cose il denaro, sempre urgente nelle circostanze mie economiche, lo è in oggi ancor più per le conseguenze della mia infermità: le carte poi del Sig.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





Cinagli Trevisani Sig