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      Ma quale audacia quella de' ladri del ponte Salario! Ringraziamo il cielo che abbiano fallito il loro colpo in grazia delle tue grida. Teresa fece una spontanea alla tua sorella, un pochino, per verità, artificiosetta, ma purtuttavia in senso di confessione, e con mille promesse di non ricader più nel fallo di cui trovavasi rea. Noi stiamo tutti all'erta. In tutti i casi sta' quieta, figlia mia: la Albertina ad ogni occorrenza non rifiuta di venire a star qui, siccome era tuo desiderio. In seguito si penserebbe al resto.
      I candelieri dorati son venuti benissimo, e fanno uno spicco d'incanto.
      Viviamo tutti sicurissimi che tu ti avrai tutti i riguardi che ci prometti, e già tripudiamo della gioia di riabbracciarti in uno stato coi salute che coroni le nostre più dolci speranze.
      Lascio di scrivere per non essere indiscreto coll'occupar troppo spazio al tuo Ciro. Riverisci tutta cod.a famiglia, e ricevi i miei abbracci.
      Il tuo aff.mo suocero (mi piacerebbe più genero)
      G.G. Belli
     
      LETTERA 533.
      A CRISTINA BELLI - POGGIO MIRTETODi Roma, lunedì 15 ottobre 1849 ore 7 pomeridiane
      Cristinella mia caraMentre questa mattina noi due poveri romitelli pranzavamo, e fra l'uno e l'altro boccone parlavamo, secondo il consueto di te, eccoti una sonata. Chi era? Il portalettere, che ci sembrò un angiol del paradiso. Con quello zucchero delle tue letterine per la bocca che vuoi più pensare al guazzetto di Domenico! Io mi divorai la mia; Ciro la sua, e il tuo papà la terza che subito gli aveva io mandata a sequestrargli lo stufato pel gorgozzule. Indi a poco venne di qua la tua famiglia; e lì dagliela a ciarle sul fatto tuo; e la conversazione sarebbe per verità andata quieta e consolatoria se per mia sgraziata imprudenza non mi fosse sfuggita di bocca la confidenza da te fattami all'orecchio intorno a quel malaugurato bacio che ti stampò sulla mano (non so se destra o sinistra) il Cavalier parente di tanti principi e patentati.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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