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      Perdonami, Cristina mia, l'ho fatto il marrone, ma l'ho fatto senza malizia. Nulladimeno il male è senza rimedio. Ciro saltò talmente sulle furie e imbizzarrì per modo che dopo attaccati tanti moccoloni quanti sono i cospicui membri del parentado del Cavalier Crêpsilon, con un solo manrovescio frantumò il desco del pranzo con tuttociò che vi si trovava al di sopra, e dato poi di piglio ad un randellaccio ne menò sì fieramente attorno attorno per tutta la nostra povera casa, che se tu ci stessi per entro ti parrebbe di passeggiare in Villa Borghese. Che desolazione! Che pianto! L'abbiam fatta grossa, Cristina: tu a prenderti il bacio sulla mano da quell'uomo fatale, e poi raccontarmelo: io a non sapere tener cece in bocca e a palesare lo spaventevole avvenimento. Ora sai tu che consiglio ti posso dare? Invece di tornare più a Roma, fuggi a Costantinopoli e datti a Maometto come Kossuth, Bem e Dembiuski. Peccato! Era stamane venuto il dejeuné di Riveruzzi; ma che vuoi! l'è andato in tacchie con tutto il resto.
      Addio, Cristina mia, che amo e amerò sempre come una vera figliaIl tuo papà Belli
     
      LETTERA 534.
      A CRISTINA BELLI - POGGIO MIRTETODi Roma, mercoledì 17 ottobre 1849 ore 9 pom.
      Cara la mia Cristinella
      Mentre la Signora Chiara, il Sig. Sigismondo, il Sig. Luigi e il Sig. Ciro se ne stanno al terzo ordine N. 3 del teatro Argentina godendosi la prima rappresentazione de' Masnadieri del Verdi (il quale, trovandosi attualmente in Roma, non so se neppure si accosti al teatro, forse per la paura di sentire il suo lavoro massacrato), questo povero vecchietto del Sig. Giuseppe Gioachino Belli si pone al suo tavolo e principia a preparare una letterina per la sua buona Cristinella, in anticipazione, arra e caparra del di più che gli possa riuscire di aggiungervi dimani, se il foglio che la medesima Cristinella deve avere impostato oggi arriverà in tempo per riscontrarlo in corrente, cosa però molto difficile per la tarda ora in cui suol venire il portalettere nel suo giro della distribuzione.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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