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      Correva egli già da solo per casa, e adesso non cammina più da qualche tempo, in seguito di una infiammazione sofferta in una coscia, malattia chiamata in arte coxalgia, e che in quella età suole spesso avere assai triste conseguenza. Figuratevi il nostro rammarico. Cristina sta molto deperita. Ed anche questo non è un bel conforto. Io sempre cagionevole al solito. A tuttociò ci si unisce il dispiacere di udir pure voi così incomodata, ed anche Chiarina. Oh che bel mondo! Oh che delizie! Ciro è il solo a star bene, manda molti ed affettuosi saluti a voi ed alla vostra famiglia. Altrettanto fa la buona Cristina; ed io, unendoci i miei per tutti i vostri figli ho il piacere di ripetermi ecc.
     
      P.S. Vedo che questa lettera difficilmente potrà partire oggi, essendosi fatto assai tardi; e probabilmente andrà colla spedizione di lunedì 15.
     
      LETTERA 541.
      AD ANTONIO CORAZZA - TERNI PER CESI[15 novembre 1852]
      C. A.
      Ebbi in corrente la vostra del 7 andante novembre, con in seno la ricevuta firmata dal Frasca il 20 aprile passato anno 1851; e va bene, e ve ne ringrazio.
      Trattandosi di lieve somma non la ricuserei in moneta di rame; ma come farebbe il Roncetti a spedire in rame il peso di quindici scudi?
      Cristina, di cui mi chiedete notizie, sta assai sciupatella; ed è un gran peccato, perchè è così cara! Ciro bene: Io così così. Le due bambine scinicatissime. La Maria Luisa più scinicata della Maria Teresa. Eccovene i nomi in mezzo alle scinicature.
      Amerei che si terminasse tra il Sig. Eustachi e noi la vecchia pendenza legna etc. etc.
      Mille saluti.
     
      LETTERA 542.
      A GIOVANNI BATTISTA ROSANI - ROMA[12 marzo 1853]
      Monsignore Veneratissimo
      Nulla mai di sì stupendo e maraviglioso, mi è incontrato nel non breve corso della mia vita quanto il vedermi ascritto in questi ultimi dì al sublime Ceto dell'Accademia di Religione Cattolica, onore massimo per qualunque ossequioso figlio della vera Chiesa di Gesù Cristo, ma per me specialmente immenso perché fuori di ogni proporzione coi mezzi d'intelletto e di dottrina che richieggonsi (e a me al tutto mancano) per corrispondere con degna opera ai santi fini del Sommo Instituto.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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