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      Che se in questi giorni ha prevaluto la indole del secondo sulla leggerezza del primo, voi non ve ne dovete cotanto rammaricare, ma sì riflettere invece che stante la mia perfetta rassegnazione ai disegni della provvidenza tutto ritornerà in me di giorno in giorno al primiero equilibrio, né poco vi contribuirà pure il saper voi tranquilli e ristorati dalle conseguenze della vostra disgrazia. Io stesso, e pel primo, conobbi la necessità di una vostra ricreazione, e questa promossi e desiderai e volli, siccome la voglio e desidero protratta a quel più lontano termine che potrà conciliarsi colle personali faccende di quello fra voi che non dipende intieramente da sé: al quale riguardo può trovarsi pure un rimedio mediante una ben concepita lettera alla superiorità da cui dipenda l'intento. Circa a me, non ci pensate un momento. Io non son solo: fo vita colla buona famiglia Ferretti che mi usa riguardi delicatissimi. Vero è bene che la mia prima lettera di giovedì 9 non poteva ed anzi doveva esser meno querimoniosa; ma quel cielo sì torbido e diluviante, in un momento in cui avevate voi due tanto bisogno di serenità, mi cavò a mal mio grado fuor della penna parole più in armonia colle intemperie dell'aria che colla temperanza da darsi ad un scritto destinato al sollievo di due poveri appassionati. Perdonatemi, figli miei, e consoliamoci tutti scambievolmente. Intanto io sto bene e ve ne assicuro.
      Chiara va progredendo nella solita cura di quelle moleste faccende. Oggi si toglie via l'empiastro. Sta ella quieta-quieta come una santarella.
      Vi si mandò giovedì il crino per la pupa, e crediam certo che vi sia giunto.
      Così credo che abbiate ieri ricevuto la fiaschetta di cacio-cavallo e la marzolina.
      Abbiamo da darvi mille saluti delle Taddei, di Mad.me Bellay, della Sig.ra Marignoli, della Sig.ra Buccella, delle sorelle Servi, e di Nina nostra (povera Nina) che chiede con istanza di esservi specialmente nominata.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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