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      Come avrei fatto io poveretto senza ventaglio?
      Sì, tuo zio va migliorando, e questa mattina esce anche prima del solito. Melata lo ha visitato alle 7. Alle 8 ci sono andato io, e l'ho trovato di buono aspetto e di vermiglio colore. Dimandatomi da lui se ci vedevamo a pranzo, gli ho risposto di no. - E perché? - Io gli ho spiegato il perché. Allora egli ha spinto fuori il fiato in un lungo heee, e poi mi si è messo a parlare di pastinache. Imparate, figliuoli: quando non sapete che diavolo rispondere, date mano a un discorso di pastinache, e son buone a ciò anche le radiche di cicoria.
      Ho salutata tutta la tua famiglia. Amici non ne vedo; eppoi quanti sono? Qualcuno sì, e lo saluterò quando mi venga al balzo.
      Oggi, fino alle ore 9, sereno e freschetto: quindi nuvoli e vento. A Frascati sarà, credo, altrettanto. Occhî alla penna!
      Cristina mia, abbraccio te, abbraccio Ciro, abbraccio Teresa, abbraccio Carlo, non abbraccio la balia ma la saluto. In compenso di tuttociò, se Ciro te lo permette, abbracciami Pio Belli e Antonio Dinunzio.
      Il tuo aff.mo padre
     
      [segue]Alle ore 10 1/2 antimeridiane
      Ciro mio caroEcco la lettera tua colle buone notizie del viaggio e dell'arrivo. Sei dunque in seno alla tua impallata famiglia, per non separartene come dopo le gite precedenti. Io ne sono contento e soddisfatto.
      Che masseria di poeti! A fulgure et tempestate liberamus domine. E ci hai tu pure uno spicchio d'inno! Tutti più fortunati di me povero vermine solitario.
      Eh figli miei, fatevene una intrippata, perché a Roma di simili delizie non ce n'è neppure la speranza.
      Sigismondo non è in casa: gli altri, se ci sono, stanno forse nei loro quarti o quinti: dunque i saluti più tardi.
      Per ora termino le ciarle con un nuovo abbraccio a voi tutti, meno anche qui la balia per riguardi di decenza, che non ci avessero a prendere per Paolo e Virginia, come è accaduto di altri che conosco io.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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