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      Che se la complicazione degli umani interessi non ce ne rendesse in qualche parte necessario il commercio, quale amico dell'onore e della pace non preferirebbe piuttosto il dolore della misantropia alle insidie della società? E dico dolore, perché la Natura ben ci avrebbe voluti sociali, ma le indegne arti che la deturpano ci vorrebbero quasi snaturati. Né io mi dilungo dalle stesse vostre abitudini di ritiro: pochi bisogni di negozii e un ristretto numero di amici vengono solo a distrarmi dalle dilette occupazioni del mio tavolino. Che produrrò io così vivendo? Molto per me, nulla per gli uomini. Né io saprei migliorarli, né essi ne meritano forse il progetto. Travaglio pel mio Ciro. Se avrò formato in lui un uomo secondo il mio cuore, non crederò aver menato oziosa la vita. E quando sarà giunto l'ultimo mio giorno, spero che l'unico rammarico che io soffrirò a suo riguardo si ristringerà a quello di lasciarlo fra la corruttela del secolo, dove i premi e le pene si dispensano dalla fortuna. - Fra tre giorni io avrò lasciato questi luoghi per andare a trattenermi una settimana [a Terni] chiamatovi da urgenza di affari di famiglia. Per questo anno dunque mi è negato riabbracciarvi e godere de' vostri cortesi inviti. Ma se il minaccioso flagello che si avvicina all'Italia ci lascierà vivi, porterò sempre meco il desiderio di rivedere in voi un individuo degno di riconciliarmi un po colla specie.
      Riveritemi tutta tutta la vostra famiglia e siatemi sempre amico quale io m'offro di voi.
      Il vostro Belli
     
      LETTERA 665.
      A GIUSEPPE NERONI CANCELLI - S. BENEDETTOMio obbligantissimo amico
      Tornato io martedì 18 da Perugia, per dove ero partito di qui il 16 agosto, ho trovato sul mio scrittoio la cara vostra del 20 di agosto con in grembo un ordine di Sc.14:50 tratto dal Co: Filippo vostro fratello al mio ordine sopra questo Sig.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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