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      Saluto Matildina e tutta la vostra famiglia. Sono
     
      Il vostro affezionatissimo amicoG.G. Belli
     
     * * *

      Alla Nobile e gentil Donna
      S.a Vincenza Perozzi N.a M.sa Roberti
      MacerataPer Morrovalle
      Di Roma, 9 settembre 1837
      A.[mica] C.[arissima]Son vivo: per ora son vivo, ma infermiccio e oppresso da travagli e cure. Si dice che i disordinati muoiono di cholera. Benché ho veduto attorno a me moltissime eccezzioni [sic] a questo canone, ad ogni modo lo stato del mio spirito equivale a un disordine. La morte della povera Mariuccia, le circostanze che rispetto a me l'accompagnarono, il nuovo peso cadutomi sul capo d'improvviso, le necessità infinite e gravi di essenziali, urgenti cambiamenti nel mio personale e nelle cose domestiche, non potevano esser peggio associate che ad un contagio distruttore e quasi paralizzatore della umana società. Quì tutto crolla, e quel che non crolla trema. Una generale insocialità rimove l'uomo dall'uomo; e il danno reale di moltissimi dà pretesto ai rimanenti per coprirsi del manto rispettabile della sventura. Dovunque sbarre, cancelli, profumi infernali che danno apoplessia o asfissia per cambio di cholera. Una solitudine, una mestizia, uno squallore, per tutte le vie, per tutte le case, in tutte le facce.
      Non t'imbatti in due individui che non ti lascino nelle orecchie in passando qualche parola di sventura o di morte. Io sono solo in casa come il tempo che mi trascina. Eppure debbo star qui a Roma e avvoltolarmi fra carte, fra creditori, fra debitori, fra curiali; e cercarli se non li trovo.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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