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      3° poca amicizia;
      e mi usate la gentilezza di voler credere l'avarizia dei miei caratteri proceder dal primo. Quì l'avete indovinata: ma metteteci ancora un po [sic] del secondo. Al terzo potete pur dare assoluta esclusione e in sua vece includeteci una certa mia macchinale e moral pigrizia a tutte le buone opere oltre quella di far da padre e da madre al mio povero Ciro. Questo uficio procuro di esercitarlo con tutta la diligenza che mi è possibile; ma poi?... poi mi cadon le braccia e resto in preda all'accidia: se non che presto risorgono cagioni da togliermi a quel brutto peccato, il quale insieme colla superbia dirige e mantiene gl'impulsi all'altalena de' sette vizi capitali degli uomini. La superbia spinge la tavola di su, e l'accidia di giù. Gli altri cinque stanno in mezzo e se la godono in quel perpetuo movimento. Che se il posto centrale è quello d'onore, e l'onore appartiene al più degno, pare che l'ira dovrebbe avere in mano uno scettro e una corona sul capo. E vi dico il vero, carissima, amica: io riconosco in me una sovranità di questa ira perché vivo sempre arrabbiato. Dunque ricapitoliamo sul conto mio. Un po' di superbiaccia, molta pigrizia, e moltissima ira contro tutti fuorché contro Ciro e i miei amici: notate bene. Le altre due coppie di vizi non istanno allegre per me. Questa non la chiamerete, spero, la confessione del fariseo, che si dichiarava l'uom senza taccia come il cavalier Baiardo di buona memoria. Tre miei difettucci bene o male ve gli ho confessati; e potrò così almeno attribuirmi un tantin di virtù di sincerità senza troppo temere il titolo d'impostore.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





Ciro Ciro Baiardo