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      La mia vita solitaria, e direi quasi selvaggia, non mi ha aperto mai porte. Così oggi che mi abbisognerebbero spalancate, le trovo tutte chiuse e spalmate di pece come quella dell'Arca dopo entratovi Noè colla semenza di tutti i viventi. Ed io starò di fuori. Duolmi però che terrò al presso anche Ciro. Nulladimeno, ricevuta appena ieri la cara vostra del 10 corrente, mi posi subito in moto pel lascia-passare e ne feci la vistanza a nome della Marchesa Vincenza Roberti Perozzi proveniente da Morrovalle, delegazione di Macerata. L'ho chiesto libero da ogni visita anche a domicilio. Se mi riuscirà di ottenerlo sarà da me immediatamente depositato all'uficio doganale della porta del popolo; e Voi là ne farete ricerca secondo le soprascritte indicazioni. Spero che vorranno rilasciarmelo; e non per nulla ho nella dimanda fatta menzione del vostro titolo di famiglia. Alla nobiltà si concedono più facilmente o meno difficilmente.
      Male: molto bene. Eccovi la parola che mi chiedete sulla mia salute: eccovi le due che mi dimandate su quella di Ciro. Se più ne aveste volute più ve ne direi, ma ne aggiungerò in voce. Intanto Vi basti sapere che Voi non riconoscerete più il vostro vecchio amico né all'aspetto né all'umore. Il perfetto isolamento e le angoscie alterano la fronte e inaspriscono l'animo. Ciro è ancor nuovo al mondo è alla vita. Per lui olezza ancor qualche fiore, avendo pure per sé un avvenire e sorridendogli alcuna speranza. Il di lui bel cuore e la soda mente possono realizzare a suo vantaggio i sogni coi quali tento raddolcire questi ultimi giorni miei.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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