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      Questo punto decisivo pareva, dai primi di marzo in poi, dovesse venire ad ogni momento; ma non veniva, e, dovendo pur venire, io aspettava, per rispondervi, il poteri dire è venuto. Al giorno in cui siamo il punto decisivo si può dir quasi arrivato, ma io non gli farò i miei complimenti fuorché quando udrò dirmi: Signor Belli, eccole il suo scrittoio, eccole i suoi commessi, eccole i suoi quattrini. Ciò dovrebbe accadere al primo luglio, e a quel tempo la Signoria vostra sarebbe stata la prima, e assai probabilmente anche l'unica, ad esserne da me informata fra quelli a cui non avrei potuto parteciparlo che per via della posta. Ma ella, signora fumantina di antica data, ha rotto l'incanto, e così prendasi oggi la notizia imperfetta e acerba qual'è.
      Le gentilezze che mi dirige pel vostro mezzo la Matildina mi riescono assai care ed han sempre luogo, benché nel senso che voi attribuite a questa frase io confessi che non può mai piacermi attraversare le mire che sovr'essa ha la ottima zia. Ricambiate, di grazia, quelle gentilezze con altrettante belle e dolci parole.
      Io non vi promisi la mia visita per tre anni continui, rimettendola sempre, come voi dite, all'anno venturo. Siamo esatti. Ve la promisi nel 1839 a Roma pel 1841, in cui Ciro doveva uscir di collegio. Dovete però ricordarvi qual circostanza mi obbligò l'anno scorso a tornar quì di volo. Quest'anno poi sarebbe impossibile che io ottenessi un permesso di assenza. Dove son dunque i tre anni? E qual colpa n'ho io in tuttociò?


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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