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      Ricevetelo come un miracolo d'amicizia: miracolo veramente che non risana né storpii né feriti, ma pur tale, se vogliam considerarlo dal senso più ovvio, cioè mirabile avvenimento.
      La mia salute, che per vostra bontà è l'articolo principale da cui principiate a parlarmi, si mantiene fragiletta in sulla indole delle umane speranze, ovvero tanto solida quanto i castelli in aria, che la nostra cara Matildina deve saper chiamare anche altrimenti, cioè Chateaux en Espagne. Ci ho indovinato? Or bene questi castelli spagnuoli non sorgono oggi mai più nel mio cervello, ma van mettendo piede ne' solidi e ne' liquidi dalla mia materiale esistenza. E di ciò basti.
      Il vostro solito computo de' 44 anni l'ho già altre volte chiamato una sgradevole ubbìa, e non amo più udirmelo intonare come un salmo malauguroso. Non sonate, per carità, questa campanellaccia a tre tocchi per ogni minuto secondo. Mi è già sì molesto il campanone di Montecitorio che ogni mattina mi chiama a ravvoltolarmi fra le aride stoppie de' consolidati e degli altri pubblici debiti, che il doppietto della vostra campanella da cimiterio mi cimenta quel po' di tranquillità che mi può esser rimasta. E basti anche di ciò.
      La Signora Rita la ho veduta un momento nella passata domenica: vostro cognato l'ho incontrato jeri per via, mentre verso la sera me ne tornava a casa per mangiar la minestra e, ci s'intende, qualche altra cosa. Posso però dire che, non ho ancora parlato né colla moglie né col marito.
      Dunque, giacché alla Matildina non dispiacque lo schiaffetto, sia questa volta una tiratina d'orecchio, in pena d'aver detto che io mal valuti i di lei graziosi sentimenti per un vecchio amico della famiglia, qual mi son io.


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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