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      Non prima d'oggi ho potuto prender la penna per rispondervi, perché le mie brighe arretrate e i gravi doveri dell'impiego (che mi occupa sette ore consecutive ogni giorno) me lo hanno vietato. Sono impiegato al Debito pubblico, ma prima del venturo gennaio non avrò alcuno stipendio. Deve però verificarsi un altro caso, cioè che in un certo concorso da farsi fra i circa 50 impiegati del Dicastero niuno riesca abile a coprire il posto che in tal caso darebbesi a me. Si crede che così dovrà riuscire, ma intanto è sempre uno scoglio. In questo frattempo io faccio pratica delle astruse e complicate materie del Dicastero stesso, ond'essere allora in grado di esser nominato capo della corrispondenza, la quale va sino a risguardare gli Stati esteri per le convenzioni diplomatiche di Vienna e Milano all'epoca della ristauraz[ion]e delle Corti europee. Queste cose ve le comunico in confidenza.
      Duolmi oltremodo delle cause che tengono divisa d'animo e d'interessi la famiglia Perozzi. Ora io sto come in mezzo a due parti belligeranti, e vedo con vera amarezza le spiacevoli contese nate fra esse, contese che disgraziatamente non posso soffocare. Come mai questa benedetta pace e concordia che è sì dolce cosa, debba esser sagrificata all'interesse! Credetemi, cara amica, se potessi dare porzione del mio sangue per veder tornare fra voi la tranquillità e la alterata benevolenza, io non esiterei a chiamare il salassatore. Dunque il verme che cominciò a rodere i Perozzi nella passata generaz[ion]e seguiterà a divorarli nella presente?


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Lettere a Cencia
Volume Primo e Secondo
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 246

   





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