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      Occhio ci voleva, e stare attenti, specialmente allo svolto.
      L'orologio d'un campanile poco lontano suonò le dieci.
      - Ancora mezz'ora! - pensò Drollino.
      Scese, si terse il sudore che gli rigava le tempie, estrasse di tasca la pistola, la osservò attentamente, e la depose sul terreno accanto a sè, a portata della sua mano destra. Nella macchia vicina i passeri spionciavano senza fine, in lontananza il picchio ripeteva a misurati intervalli la sua barocca canzone, nell'erba del cimitero gl'insetti si movevano, saltavano, si facevano strada, fra gli steli. Attorno alla croce comune, due farfalle, d'un bel giallo chiaro, si inseguivano amorosamente.
      Drollino non guardava attorno a sè. Teneva fisso al suolo quel terribile sguardo interno, che l'occhio trova soltanto nei momenti supremi della vita. Ogni tanto, quando sulla strada sottostante udiva avvicinarsi il rumore d'una carrozza, Drollino illividiva, s'alzava, stava in ascolto un momento, poi guardava in giù.
      - Non è lui - diceva ogni volta, quasi ad alta voce.
      E con una terribile pazienza, tornava a sedere, celato dal muricciuolo.
      S'era alzato un po' di vento; l'erbe grasse, ben nutrite del cimitero, ebbero un moto, quasi un fremito di conscio ribrezzo.
     
      Il treno era giunto, in ritardo però di quasi un quarto d'ora, e il Duca Giuliano usciva frettolosamente dalla stazione, cercando qua e là collo sguardo il legno che doveva trovarsi ad aspettare. E non solo vide il legno, la graziosa americana, alla quale era attaccata Mia, ma vide altresì una elegantissima amazzone, che, seguita da un groom in livrea, si avanzava alla sua volta.


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Mia
Romanzo
di Ines Castellani-Fantoni Benaglio (alias Memini)
G. Galli Editore Milano
1884 pagine 180

   





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