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      - No, - rispose Drollino, - l'ha detto il dottore.... e non era giusto ch'ella morisse.... per causa sua.... Si ricordi.... l'autunno scorso....
      Il Duca cominciava a capire. Si fece pallidissimo; cercò invano, con uno sforzo disperato, una parola di diniego, di scusa da gettare in faccia a quel morente. Ma non la trovò, e non poteva mentire davanti a quell'occhio unico che lo guardava immobile.
      Drollino gli accennò d'avvicinarsi.
      - Non abbia paura, - continuò, serbando sempre quel funebre simulacro di sorriso - ora, ora.... vede bene.... è finita.
      Si fermò, la voce gli venne meno in uno schianto di tosse, che gli empi la bocca d'una salivazione sanguigna.
      Giuliano aspettò, tremando verga a verga; poi:
      - Ma ora.... ora.... - tentò di mormorare.
      - Ora.... - rispose con uno stridore soffocato Drollino. E avventò, ergendo il capo, una sola parola: - Genova!
      Atterrito, annientato, il Duca chinò la testa. Vacillava come un giunco mosso dal vento.
      Drollino, passato l'accesso, continuava:
      - Ora, sarebbe morta, forse.... quando lo avesse saputo.... E lei, signor Duca.... ha preso Mia.... Allora mi sono ricordato, e volevo che Mia fosse la causa.... Ma ho visto la Duchessa, e sono venuto....
      Non potè proseguire; un secondo impeto di tosse gli mozzava quell'aspro filo di voce. Allora, nell'accesso stesso sbattuto dallo sforzo dello schianto rantoloso della tosse, ma tenendo sempre Giuliano sotto il fascino spietato del suo sguardo, Drollino lasciò andare il fazzoletto, e sollevando la mano, come un giudice che condanna inesorabilmente, alzò un dito.


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Mia
Romanzo
di Ines Castellani-Fantoni Benaglio (alias Memini)
G. Galli Editore Milano
1884 pagine 180

   





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