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      E qui Sua Reverenza mandò un lungo sospiro di desiderio. Poi tosto ammutí, guardò in alto per un poco, e si fece tutto rosso in viso, vergognando, cred'io, d'avere unito il nome d'Aristotile a quello di un guastamestiere. Poi, ripreso fiato, stese la mano all'ospite e col sorriso della cortesia lo pregò perché proseguisse il panegirico che tanto gli andava a sangue. Terminato il dire, l'ospite pigliò licenza. Il povero curato lo accompagnò fino all'uscio; e lasciata scappare una lagrima, gli strinse la mano e gli disse: - Domando mille scuse; ho gridato fuori d'ogni creanza: ma sappia Vossignoria ch'io non l'aveva con lei. A lei io ho data la mia stima. Capperi! Vossignoria ha detto pel primo in Italia cose che non tutti sanno dire o che tutti qui s'ostinano a non voler dire. Da bravo! Stia fermo, e non si lasci atterrire da chi senza entrare in ragionamenti le abbaia dietro de' mali motteggi e delle insipide satire. Siamo cristiani e sacerdoti entrambi; perdoniamo adunque di buona volontá agli insolenti. Dio n'abbia anch'egli misericordia! Sono montato in furia contro le Poetiche, perché la sento cosí e perché questo mio maledetto naturale è tutto stizza e non lo so mai frenare. Ma i filosofi estetici io non li confondo cogli scrittori di Poetiche. No, no, quelli li rispetto, e glielo giuro sull'onor mio. E le giuro che qualche volta leggo con vera aviditá le cose del Burke e del Lessing, come se fossero squarci della Cittá di Dio del mio sant'Agostino. Ma Ella compatisca se in questo punto delle Poetiche io sono di parere contrario a quello manifestato da lei: compatisca e mi voglia bene.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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