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      E sia spavento, questo, de' principi d'ogni secolo che, a saziare le loro voglie scellerate, non perdonano né a Creatore né a creatura. -
     
      A queste parole un bagliore giallo come zolfo guizza intorno alle frondi della foresta. Via via per l'ossa e per le midolle discorre al conte l'angoscia. Una vampa gli opprime il respiro. Stordisce e non ode piú nulla. Innanzi, tutto gli soffia sul viso gelo e terrore; e alla nuca lo insiegue il fischio della bufera.
     
      Cresce il soffio del terrore, cresce il fischio della bufera; e su dalla terra, oh spavento! ecco un pugno negro emergere, giganteggiare. Apresi, stringe gli artigli; ahi! ahi! giá lo abbranca pel ciuffo; ahi! ahi! travolta in un attimo la faccia del conte, sovrasta alle spalle di lui.
     
      Intorno intorno a lui un corruscar di faville e di fiamme verdi, brune e sanguigne. Un mar di fuoco presso presso gli ondeggia d'ogni lato; e dentro vi brulica la ciurma infernale. In un subito mille veltri infernali prorompono aizzati a fracasso su dalla voragine.
      Via precipitoso egli si scaglia attraverso i boschi, attraverso la campagna; e fugge mettendo lai e ululati. - Ahi, me misero! misero! -
      Ma per tutto l'ampio mondo lo perseguita il latrar dell'inferno, di giorno giú per le caverne della terra, a mezzanotte su in alto per l'aria.
     
      La faccia di lui sovrasta perpetuamente alle spalle, ond'egli abbia perpetuamente la veduta de' mostri che lo inseguono. E per quanto rapida la fuga lo strascini innanzi, incitato dagli urli dello spirito cattivo, gli bisogna mirare perpetuamente il digrignar dei denti e lo spalancarsi delle fauci ringhiose che gli stanno sopra per azzannarlo.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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