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      O se taluno pur si degnava di concedere ad esse qualche ora di ozio, lo faceva con sí tenue serietá, che piú che uno studiare era uno scartabellare inconcludente. I pedanti avevano d'uopo di un uditorio che tenesse alquanto del sempliciotto; e però andavano pascendo i padri nostri di fandonie pastorali, di leziosaggini amorose vòte d'ogni senso d'amore, di dicerie semierudite, e d'altre tali quisquiglie. E mentre proponevano superbamente siffatte miserie o proprie o d'altrui siccome gran belle cose, ed incitavano gl'italiani perché ne scrivessero di continuo, appena appena con una sterile lode, messa loro sul labbro non dal sentimento ma dalla tradizione, nominavano qualche volta le opere di Dante e del Machiavelli; e la sterilitá di siffatte lodi, piú che ad altro, serviva ad allontanare da que' sublimi libri gl'italiani. Poi gridavano e persuadevano che fuori di questa nostra avventurata penisola la sapienza era poca, e poco il buon gusto a paragone del tanto che regnava tra noi, e che inutil cosa era il por mente alle lettere straniere. E gl'italiani, poco meno che tutti, stavano contenti al detto de' pedanti, dal quale era magistralmente lusingata l'inerzia. Persuasione fatale che di presente ancora esercita un resto del suo impero, mantenendo negli animi d'alcuni un'ignoranza senza rimorsi, una cieca avversione a tutto ciò che sanno non esser frutto del suolo d'Italia.
      L'amore della patria, questo carissimo affetto, che pure è figliuolo sempre della virtú, fu per maligna destrezza de' pedanti spogliato del bel candore della sua innocenza ed accoppiato all'odio d'altrui, turpissimo de' vizi sociali.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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