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      Procede quindi il discorso ad analizzare le differenze massime che corrono tra la nuova civilizzazione e l'antica, considerandole unicamente nelle loro relazioni colle arti, ed in ispecial modo colla poesia.
      I. - E prima di tutto l'autore parla del cristianesimo e del paganesimo e confronta l'una con l'altra le due religioni, esaminando in che la nuova riuscisse di vantaggio a' poeti, in che svantaggiosa. Il cristianesimo angustiò sommamente la libertá fantastica de' poeti a paragone della religione dei gentili, che non aveva un fondatore, non dogmi scritti, non regole di fede, ma, figlia tutta della immaginazione e del caso, lasciava a' greci la facoltá di adornarla tratto tratto di nuove storie e di nuove fantasie. Quella religione, a ben considerarla, era una continua poesia; e la poesia de' greci era pressoché sempre l'espressione d'un sentimento religioso.
      Ma allorché il paganesimo cessò d'essere la religione dei popoli d'Europa, ed i poeti pensarono di temperare nelle loro opere l'austeritá della religione cristiana coll'introdurre in esse l'antica mitologia, scomparve l'incantesimo di quel sentimento religioso che le dava vita ne' canti dei greci; e le immagini mitologiche ne' canti de' moderni non divennero altro che fredde allegorie, prive d'ogni spontanea inspirazione. Cosí Amore, terribile dio a cui i greci con sinceritá di cuore mandavano voti e preghiere, nelle poesie de' moderni diventò un fantastico garzoncello, freddo emblema d'un sentimento; e cosí tutti gli dèi dell'Olimpo non riuscirono altro che figure poetiche.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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