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      Ma, lodando noi l'intenzione generale del discorso del signor Roscoe e proponendone come utile la lettura, non intendiamo di dire che il merito di esso sia in ogni parte esimio. O sia perché la brevitá de' confini assegnati ad una orazione accademica non bastassero all'ampiezza dell'argomento, o sia perché il signor Roscoe proporzionasse la sua dialettica ad una udienza forse intollerante di severe meditazioni, nel discorso di lui ci parve di trovare qua e lá alcuni tratti di certa superficiale declamazione, che non contenta pienamente il pensatore.
      Non gli faremo giá accusa d'essersi giovato d'un solo scherno brevissimo onde distruggere l'errore di coloro che ascrivono onninamente ai climi ed alle situazioni locali il prosperar delle lettere; poiché un solo sguardo alla storia convince chiunque che la fortuna di esse non fu confinata sempre dentro certi gradi determinati di latitudine geografica. Cosí parimente, allorché egli combatte la ridicola opinione di coloro che, con lamento ripetuto da generazione in generazione, piangono il continuo deterioramento della specie umana, se poche armi bastano a lui per farlo vittorioso di cosí inetti avversari, fu cortesia la sua di non adoperarne molte.
      Ma quando con piú rispettoso contegno egli scende poco dopo ad affrontarsi con chi predica il progressivo perfezionamento umano, gli argomenti che oppone loro non ci sembrano troppo persuasivi. Egli li ricava dalle storie parziali dei popoli; e vorrebbe persuaderci che questi progressi non esistono, da che i greci ed i romani d'oggidí non sono piú i greci ed i romani di Pericle e d'Augusto.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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