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      Prima di Dante, le poesie liriche de' trovatori ("troubadours"), le epiche de' trovieri ("trouvères") dalla Provenza e da altre parti della Francia s'erano diffuse nell'Italia, recatevi da' normanni conquistatori della Puglia, della Calabria, della Sicilia. Imitatrice della provenzale era sorta nella prima metá del secolo duodecimo la poesia siciliana, e dalla corte di Napoli moderava il gusto poetico degli italiani.
      La lingua latina s'era giá separata affatto dalla volgare. Le donne non la imparavano piú; e per piacere ad esse, per parlar loro d'amore bisognava servirsi dell'idioma comune, di quello ch'esse adoperando ornavano ogni dí piú di leggiadrie.
      Quantunque per ben cencinquant'anni i siciliani non rivolgessero la loro poesia che ad esprimere i sentimenti amorosi, e, traviati dall'esempio degli arabi e de' provenzali, anziché mantenere a' canti d'amore il loro merito precipuo, la naturalezza de' pensieri combinata colla soavitá dell'esposizione, lasciassero il semplice per correr dietro al ricercato, all'ammanierato; eglino pur nondimeno erano giunti ad occupare i primi gradi nel favore della moltitudine. I loro versi erano popolari, se non per altro, almeno per ragione di lingua e di metri; come popolari altresí erano le forme epiche ed epico-liriche dei romanzi e de' poemi de' trovieri.
      Prima di Dante, alcuni uomini d'indole ardente avevano indirizzata tutta l'energia dell'anima a' misteri della religione, mettendo ammirazione nell'universale e suscitando coll'esempio proprio l'energia altrui.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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