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      Chi sa anzi che i greci non la imparassero forse eglino dagli indiani? L'India fu probabilmente la culla del sapere umano.
      UN ALTRO. Lasciamo stare per ora queste digressioni erudite. Gl'indiani ebbero civilizzazione: dunque anche poesia. La facoltá poetica degli uomini è una facoltá che può essere primigenia in tutti. Se l'Italia, a modo d'esempio, dopo la nuova civilizzazione, non avesse veduto mai il menomo manoscritto greco o latino, credete voi per questo che l'Italia non avrebbe buona poesia?
      GRISOSTOMO. Leggo ed ammiro assai anch'io Omero e Virgilio, e lo dico davvero. Ma non sono sí pazzo da volermi ostinare a credere che senza gli esempi dei greci e de' latini noi saremmo privi di buona letteratura nostra.
      IL SUDDETTO. La sarebbe senz'essi riescita piú originale.
      GRISOSTOMO. Pare che sí. Ma proseguiamo. Sappiate che sir Guglielmo Jones, molti anni fa, ha fondato a Calcutta una societá d'inglesi, denominata "Societá asiatica"; e che questa societá, occupata com'è in continui lavori scientifici ed eruditi, non lascia di mandare di quando in quando in Europa anche alcune traduzioni di poesie indiane.
      UNO DE' LETTORI. Ottima cosa! Quelle poesie serviranno a moltiplicare i diletti all'uomo meramente curioso; e presteranno poi altresì al meditativo nuove occasioni per riconoscere l'uniformitá delle menti umane nella varietá stessa degli accidenti intellettuali. E così verrá sempre piú confermandosi nel mondo la mansueta dottrina della fratellanza de' popoli, nessuno de' quali ha il diritto di far soperchierie agli altri, qualunque sia il colore della lor pelle.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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