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      ANUSUYA E PRIYAMVADA. Ahi! ahi! E di noi chi avrá cura? Piangono entrambe.
      CANNA. Sono superflue le lagrime, o Anusuya. La nostra Sacontala ha bisogno d'essere rinvigorita dal nostro coraggio, e non giá d'essere intenerita dai nostri lamenti.
      SACONTALA. Padre, allorché quella povera antelope, che or cammina lenta lenta pel peso de' suoi portati, gli avrá partoriti, mandami un messaggio cortese che me l'annunzi salva e vispa. Non dimenticartelo, te ne scongiuro.
      CANNA. Carissima mia, sta' certa, nol dimenticherň.
      SACONTALA muove il passo, poi s'arresta. Chi m'afferra il lembo della veste? Chi mi rattiene? Si volge e guarda.
      CANNA. Č il tuo figlio adottivo; č il cavriuolo giovinetto, quello la di cui bocca tu tante volte medicasti di tua mano col salutifero olio dell'ingudí(48), quando gliel'avevano piagata le cime acute dell'erba cusa; quello che tante volte fu pasciuto da te con una manata di grani di syamaka. Vedilo: or non vuole scostarsi dalle pedate della sua protettrice.
      SACONTALA. Perché piangi, povero cavriuolo? Perché piangi per me, cui bisogna abbandonare il nostro comune domicilio? In quella stessa maniera con cui ti allevai io quando appena nato perdesti la madre, con quella cura stessa provvederá a te il padre mio quando saremo separati. Vanne, povera creatura, vanne: č necessitá il separarci. Ella dá in un gran pianto.
      CANNA. Le lagrime tue non si convengono, o cara, al momento presente. Fa' cuore. Ci rivedremo, ci rivedremo ancora. Pon'mente alla strada innanzi a te, e sieguila.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





Anusuya Sacontala