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      E ciò che piú lo addolora è il pensare ai patimenti della povera anima di Sacontala. L'amico tenta ogni via di consolarlo. È vano ogni conforto. La ninfa protettrice di Sacontala ode, non veduta, i sospiri del re; s'accorge della veracitá del di lui pentimento, e ne gioisce, e comincia a sentirne pietá anch'ella.
      In obbedienza ai voleri di Dushmanta, un'ancella s'ingegnò di dipingere sovra una gran tela l'immagine di Sacontala. Recano al re quel ritratto. Allora nella fantasia di lui si riaccendono piú che mai tutte le memorie amorose. Sta contemplando la pittura, e parla fra sé e sé, e geme miseramente. Non è contento del lavoro, e dá ordine che sia migliorato; ma tuttavia non sa finir di mirare quella pittura.
      La ragione del re è perturbata da un delirio. Ogni oggetto che gli cade sotto l'occhio gli richiama alla mente la crudele ripulsa data a Sacontala. Il rimorso è immenso. Il cordoglio gli opprime l'anima. Vede un'ape dipinta sul quadro, ha paura che indiscreta voli sulla bocca a Sacontala, dá nelle smanie(51), e parla all'ape, e la minaccia, affinché non osi contaminare le labbra della donna bella. Madhavuya rammenta al re che quell'ape non è viva e ch'altro non è ch'una pittura. - Crudele! - risponde egli. - E perché rammentarmelo? Io mi godeva l'aspetto della donna dell'anima mia; e tu che bisogno avevi, o crudele, di farmi avvertito ch'ell'è una pittura? -
      I lamenti di Dushmanta sono interrotti da alcuni ministri reali, che vengono ad interrogare la volontá di lui intorno a cose pubbliche di gran momento.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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