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      II
     
      DELLA POESIA CASTIGLIANA DURANTE IL SECOLO DECIMOQUINTO(73)
     
     
      I re d'Aragona, verso la fine del secolo decimoquarto, avevano introdotto nei loro Stati i "giuochi florali", instituiti giá da piú di un sessant'anni in Tolosa, onde promovere l'esercizio della "gaia scienza" de' trovatori. Vedevansi concorrere d'ogni parte gli ingegni a quelle feste, e con gara ardita contendere pei premi promessi a' piú valenti. La pubblica solennitá di tali cerimonie, la maggiore diffusione delle cognizioni e degli scritti, l'esempio invidiato dell'Italia, la maraviglia che destavano le opere degli antichi poeti di Grecia e di Roma, delle quali allora si andava rendendo piú comune la lettura in tutta l'Europa, ed altre consimili circostanze ponevano vieppiú sempre in onore la poesia: questa che delle belle arti è la prima ad essere coltivata, allorché i popoli si accostano alla loro civilizzazione.
      Giovanni secondo era un principe inetto a governare; e sotto di lui la Castiglia, perduta in faccia agli stranieri ogni importanza, era lacerata al di dentro dall'orgoglio fazioso de' nobili. E nondimeno quella etá portava tanto amore alla poesia, che all'inetto principe l'esercitarla e 'l proteggerla ottenne anche politicamente qualche benevolenza. Molti de' grandi, che gli avrebbero non mal volentieri tolto lo scettro, cosí sconveniente alla sua mano, si unirono intorno a lui per forza di simpatia poetica, e, verseggiatori anch'essi, prestarono aiuto al re verseggiatore. Cosí Giovanni secondo, bene o male, si mantenne sul trono; e, in mezzo alle turbolenze del regno, la corte di lui, piuttosto che un consiglio di statisti, pareva in certo modo una profezia lontana del nostro "Serbatoio d'Arcadia". Vogliamo dire che il re e i cortigiani, né piú né meno de' pecorai d'Arcadia, fossero o no provveduti di alcuna disposizione attiva per la poesia, tutti sudavano a far dei versi.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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